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Citazioni //L’Eredità di Eszter di Sandòr Màrai

Ripropongo qui i passi a mio parere più densi e significativi di questo splendido libro di Màrai. Qui troverete anche la mia recensione, che più che una recensione è come al solito qualche spunto per invogliarvi alla lettura.



Le grandi decisioni fatali, quelle che determinano il profilo caratteristico del nostro destino, sono molto meno consapevoli di quanto supponiamo nei momenti in cui torniamo al passato per evocarne la memoria. P.11


Sedevamo lì con quel senso di sicurezza che conoscevo così bene, che è un poco la sicurezza del naufragio e un poco quella della felicità che non conosce desideri. P.14


Egli osservava i nostri passatempi provinciali e il nostro modo di vita con benevolenza indulgente e un pizzico di disapprovazione. Sentivamo la sua superiorità e ci sforzavamo intimoriti di rimediare alle nostre mancanze. Di colpo ci mettem­mo a leggere, soprattutto gli autori la cui impor­tanza ci era stata segnalata per la prima volta da Lajos – e lo facemmo con tale diligenza e umiltà che sembrava ci stessimo preparando a un esame decisivo per la nostra vita. Più tardi venimmo a sapere che Lajos non aveva mai letto le opere di questi autori o, se le aveva lette, lo aveva fatto nel modo più superficiale, anche se non esitava a ri­chiamare su di esse la nostra attenzione, lascian­do trapelare un silenzioso disappunto per il fatto che noi di queste celebrità non conoscessimo neppure un rigo. Il suo fascino esercitava un ef­fetto immediato, come i sortilegi maligni praticati nei baracconi delle fiere. P.36-37


Avevo l'impressione che Lajos fosse veramente disposto a compiere sacrifici per l'umanità, o meglio per un ideale astratto di umanità – aveva sempre amato gli ideali più della realtà, probabilmente perché sono meno pericolosi e più elastici –, e quando cercò l'avventura nella vita politica sarebbe anche stato disposto a mettere in gioco la pelle, non tanto in vista del bottino quanto per amore di quelle emozioni e di quel pathos di cui si compenetrava profondamente, al punto da soffrirne. Conoscevo Lajos come una persona che inizia raccontando bugie e poi, man mano che prosegue, si riscalda tanto che scoppia a piangere; continua a mentire con le lacrime agli occhi e infine, tra lo stupore generale, passa a dire la verità con la stessa disinvoltura con cui poco prima aveva mentito... Naturalmente questa sua capacità non gli aveva impedito di presentarsi, negli ultimi dieci anni, come il paladino di diversi partiti estre­misti di segno opposto; in breve, però, fu messo alla porta da tutti. Per fortuna Laci non lo aveva seguito su quella strada. Era rimasto all'interno del «mon­do intellettuale», nell'atmosfera un po' ammuffita dei libri scolastici di seconda mano con le orecchie e degli articoli di cancelleria. Lajos invece finì per smarrirsi tra pericoli di ogni genere; nessuno sarebbe stato in grado di dire quali fossero esattamente questi pericoli, tuttavia noi, da lontano, lo vedeva­mo sempre come un uomo che vive in zone procel­lose e turbolente, circondato da fulmini e saette. Quando morì Vilma e fra noi ebbe luogo la rottura, Lajos scomparve dall'orizzonte della fami­glia. Fu allora che tornai qui, in questa casa mo­desta, nel mio ultimo rifugio. Non c'era nulla ad aspettarmi, a parte un giaciglio e un tozzo di pa­ne. Ma chi è scampato a una bufera è felice di avere un tetto sopra la testa. P. 40


Lajos condivideva l’opinione di Nietzsche, il quale sostiene che bisogna vivere pericolosamente. Lui stesso però temeva il pericolo; si lanciava in ogni avventura, sia politica che sentimentale, con eloquenza altisonante, ma ben rifornito di armi segrete, con bugie difensive escogitate in anticipo e lettere compromettenti degli avversari conservati per ogni evenienza. Ma la mia vita, per un certo periodo di tempo, fu davvero “pericolosa” accanto a Lajos. Ora che anche questo pericolo era passato, mi accorsi che al suo posto non era rimasto nulla; mi resi conto che quel senso di allarme continuo era stato l’unico vero significato della mia vita. P. 46


Una volta trascorso un certo periodo di tempo, non c’è più nulla che si possa “mettere a posto” tra gli esseri umani; questa verità disperata la compresi allora, mentre sedevamo fianco a fianco sulla panchina di pietra. Si vive, e nel frattempo si ripara, si aggiusta, si edifica e più tardi qualche volta si distrugge la propria esistenza; ma con il passare del tempo ci si accorge che l’insieme, così come si è formato a causa degli errori e grazie all’intervento del caso, non è modificabile. Lajos non poteva più farci niente. Quando qualcuno riemerge dal passato per annunciare con voce commossa di voler mettere a posto ogni cosa, si può soltanto compiangerlo, o sorridere delle sue intenzioni; il tempo ha già messo a posto tutto, a modo suo, nell’unico modo possibile. P. 64


L’aria si colmò degli aromi caldi e speziati delle pietanze, di quel particolare profumo di festa in cui c’è qualcosa di eterno e di indimenticabile, qualcosa di eccitante come la vita stessa: la fretta, il rumore dei piatti messi in tavola e delle porte che sbattono, la conversazione soffocata degli ospiti in arrivo, un crescendo di grida diffuse e infine un “fortissimo” fisico e musicale che ci ricorda come la vita, nonostante tutto, sia meravigliosa e solenne. P.76


«Hai mai pensato» continuò «che la maggior parte delle nostre azioni non è affatto ragionevole e non tende neanche a raggiungere uno scopo? Si compiono determinati atti pur non ricavandone utilità né piacere. Se volgi indietro lo sguardo alla tua vita, ti accorgerai di aver fatto una quantità di cose per il semplice motivo che ne hai avuto la possibilità». P.106


La vita deve essere abbellita, altrimenti risulta intollerabile. P.108


Sono sempre stato un uomo debole. Avrei voluto combinare qualcosa di buono a questo mondo e credo che non fossi completamente privo di talento. Ma l’ingegno, l’intenzione, tutto questo non basta. Ormai so che non è sufficiente. Perché si riesca a creare qualcosa, occorre anche dell’altro…una specie di forza particolare o disciplina, oppure le due cose insieme, e credo che questo sia ciò che si dice essere carattere…Questa è la capacità o la caratteristica che mi manca. E’ una strana sordità. Come se qualcuno conoscesse esattamente la musica di cui intona la melodia, senza però udirne i suoni. Quando ti ho conosciuta, queste cose ancora non le sapevo ancora con la stessa certezza con cui te le sto dicendo adesso…così come non sapevo che tu, per me, significavi il carattere. P.110


«Sì,» disse «ora ci provo. Naturalmente in termini legali non ho nessun diritto di esigere qualcosa da te. Ma esiste anche una legge diversa. Forse non te ne sei mai accorta, ma è giunto il momento che tu sappia che oltre alla legge della virtù ne esiste anche un'altra, ugualmente potente, ugualmente valida... come posso dire?... Cominci a intuire qualcosa? In genere la gente non riesce a tollerare questa consapevolezza. Devi sapere che le persone non sono legate tra loro soltanto dalle parole, dai giuramenti e dalle promesse, così come non sono i sentimenti o le simpatie a stabilire quali siano i rapporti più autentici. Esiste qualcosa di diverso, una legge più dura e rigorosa che impone a questa o a quella persona di sentirsi intimamente legata a un'altra... Come due complici. È stata questa legge a determinare il mio legame con te. Io sapevo della sua esistenza. Anche vent'anni fa. Quando ti ho conosciuta, ho capito immediatamente di cosa si trattava. Non ha senso che mi metta a recitare la parte del modesto: sono convinto, Eszter, che nonostante tutto tra noi due sia io ad avere il carattere più forte. Beninteso, questo carattere non è lo stesso di cui parlano i trattati di etica. Eppure io, l'uomo di poca fede, il traditore, il fuggiasco, sono quello che è riuscito a rimanere intimamente fedele, con tutte le sue forze, a quella legge diversa di cui non c'è traccia nei libri, anche se è la più autentica. È una legge crudele... Ascolta. La legge del mondo esige che ciò che è iniziato una volta debba essere condotto a termine. E questo non è davvero motivo di gioia. Nulla arriva mai in tempo, la vita non ci dà mai qualcosa nel momento in cui siamo preparati a riceverlo. Soffriamo a lungo a causa di questo disordine, di questi ritardi. Siamo convinti che qualcuno si prenda gioco di noi. Ma un bel giorno ci rendiamo conto che tutto era preordinato secondo un meccanismo perfetto... Due persone non possono incontrarsi neanche un giorno prima di quando saranno mature per il loro incontro... Mature, ma non secondo le loro inclinazioni o preferenze, bensì nell'intimo, secondo i dettami di una specie di legge astronomica inoppugnabile, così come si incontrano i corpi celesti nell'immensità dello spazio e del tempo, con precisione matematica, nello stesso attimo, che è il loro attimo nella successione infinita dei secoli e delle distese spaziali. Io non credo negli incontri fortuiti. P.118-119


Vedi, Eszter, ritrovarsi a distanza di tempo è quasi più misterioso ed eccitante di quanto non lo sia ritrovarsi per la prima volta…Questo lo so da parecchio. Rivedere una persona che abbiamo amato non è forse un po’ come tornare sul luogo del delitto, spinti da una necessità irresistibile, come si dice nei romanzi polizieschi?...Ho amato solo te nella mia vita, senza troppe esigenze e in modo abbastanza incoerente, sì, lo so…(…) Eri tu che non volevi veramente questo amore. Non protestare. Non basta amare qualcuno. Bisogna amare con coraggio. Bisogna amare in modo tale che nulla, né ladri né influenze esterne né leggi umane o divine, possano interferire con questo sentimento. Noi due non ci siamo amati con coraggio…Ecco qual è stato il guaio. Ed è colpa tua, perché il coraggio degli uomini in amore è una cosa ridicola. L’amore è compito vostro. Voialtre siete grandi solo in questo. E’ qui che hai fallito, e insieme a te è naufragato tutto ciò che avrei potuto realizzare: doveri, compiti, il contenuto di una vita intera. Non è vero che gli uomini sono responsabili dei loro amori. Siete voi a dover amare eroicamente. Ma tu hai commesso la cosa peggiore che possa capitare a una donna: ti sei offesa, sei fuggita. Vuoi credermi finalmente? P. 120-121


Non ti chiedo altro che questo: che per una volta, per l’ultima volta in vita tua, tu ti mantenga fedele all’imperativo che forma il significato e il contenuto della tua vita. P. 123

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