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L'Eredità di Eszter di Sàndor Màrai

L’aria si colmò degli aromi caldi e speziati delle pietanze, di quel particolare profumo di festa in cui c’è qualcosa di eterno e di indimenticabile, qualcosa di eccitante come la vita stessa: la fretta, il rumore dei piatti messi in tavola e delle porte che sbattono, la conversazione soffocata degli ospiti in arrivo, un crescendo di grida diffuse e infine un “fortissimo” fisico e musicale che ci ricorda come la vita, nonostante tutto, sia meravigliosa e solenne.

La penna magnetica di Màrai mi ha stregata nuovamente nelle poche decine di pagine che compongono L’eredità di Eszter. Un titolo austero, si potrebbe obiettare, che contrasta con la prosa elegante e i toni mélo (adoro!) della narrazione.



Veniamo alle vicende, anche se personalmente – e questo vale soprattutto per uno scrittore come Màrai – non credo che la trama sia significativa per veicolare il senso di un romanzo. Eszter è una donna sola, non più giovane eppure ancora bella. Sin dal principio capiamo che il senso della sua vita, il momento più alto della sua esistenza, è da ricercarsi in un passato che assume i contorni del suo amato perduto, che di tutto l’ha defraudata: Lajos ha ingannato Eszter per poi sposarne la sorella e così facendo l’ha privata di quella felicità e quella pienezza che forse avrebbero potuto raggiungere insieme e alla quale lei sola mai approderà. Questo non è che uno dei tanti soprusi psicologici (e non solo!) che la nostra Eszter subirà dal menzognero, l’imbonitore, il falsificatore di cambiali, l’amato Lajos.


Lajos condivideva l’opinione di Nietzsche, il quale sostiene che bisogna vivere pericolosamente. Lui stesso però temeva il pericolo; si lanciava in ogni avventura, sia politica che sentimentale, con eloquenza altisonante, ma ben rifornito di armi segrete, con bugie difensive escogitate in anticipo e lettere compromettenti degli avversari conservati per ogni evenienza. Ma la mia vita, per un certo periodo di tempo, fu davvero “pericolosa” accanto a Lajos. Ora che anche questo pericolo era passato, mi accorsi che al suo posto non era rimasto nulla; mi resi conto che quel senso di allarme continuo era stato l’unico vero significato della mia vita.

Ebbene, la narrazione ha inizio non appena la protagonista riceve una lettera che le annuncia il ritorno di Lajos dopo venti anni. Lo stesso leitmotiv de Le Braci, dunque, in cui il generale attende per quarant’anni il ritorno del suo inseparabile amico d’infanzia, e in parte mi ricorda anche l’incipit de Una scrittura femminile azzurro pallido di Werfel, altro capolavoro della Mittel Europa nonché fenomeno letterario degli anni ‘90, che proprio si apre con il protagonista che riceve una missiva direttamente dal passato.


Non vi svelerò cosa accadrà con l’arrivo di Lajos, né le sue intenzioni. Questo è un romanzo sulla predestinazione, sulla potenza che il destino ha nel controllo delle nostre vite e dunque sul fatalismo, sulle passioni e sull'ineluttabilità delle nostre scelte, sull'incapacità di reagire e di sfuggire al corso degli eventi.


Màrai, come sempre, tesse le parole come seta davanti a suoi lettori. Straordinario.

Di seguito uno dei passaggi più intensi, un po' la chiave dell'intero libro:


Eppure io, l'uomo di poca fede, il traditore, il fuggiasco, sono quello che è riuscito a rimanere intimamente fedele, con tutte le sue forze, a quella legge diversa di cui non c'è traccia nei libri, anche se è la più autentica. È una legge crudele... Ascolta. La legge del mondo esige che ciò che è iniziato una volta debba essere condotto a termine. E questo non è davvero motivo di gioia. Nulla arriva mai in tempo, la vita non ci dà mai qualcosa nel momento in cui siamo preparati a riceverlo. Soffriamo a lungo a causa di questo disordine, di questi ritardi. Siamo convinti che qualcuno si prenda gioco di noi. Ma un bel giorno ci rendiamo conto che tutto era preordinato secondo un meccanismo perfetto... Due persone non possono incontrarsi neanche un giorno prima di quando saranno mature per il loro incontro... Mature, ma non secondo le loro inclinazioni o preferenze, bensì nell'intimo, secondo i dettami di una specie di legge astronomica inoppugnabile, così come si incontrano i corpi celesti nell'immensità dello spazio e del tempo, con precisione matematica, nello stesso attimo, che è il loro attimo nella successione infinita dei secoli e delle distese spaziali. Io non credo negli incontri fortuiti.
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