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La donna giusta di Sandor Marai

Improvvisamente ho capito che non c'è nessuna persona giusta. Non esiste né in terra né in cielo né da nessun'altra parte, puoi starne certa. Esistono soltanto le persone, e in ognuna c'è un pizzico di quella giusta, ma in nessuna c'è tutto quello che ci aspettiamo e speriamo. Nessuna racchiude in sé tutto questo, e non esiste quella certa figura, l'unica, la meravigliosa, la sola che potrà darci la felicità. Esistono soltanto delle persone, e in ognuna ci sono scorie e raggi di luce, tutto…


Una la storia, quattro i monologhi necessari per raccontarla.


Siamo a Budapest, tra la fine della guerra e l’invasione russa. Una donna devota scopre nel marito tracce di un presunto tradimento grazie a un nastro viola trovato nel portafogli di lui; da quel momento cercherà di riconquistarlo con ogni tipo di sotterfugio e inganno, perché si sa “tutte le donne sono un po’ fattucchiere quando sono innamorate.” Anni dopo il marito racconterà della passione bruciante per la seconda moglie, una domestica conosciuta in gioventù nella casa dei genitori, una donna che ha aspettato per un’intera esistenza e che è riuscita ad essere per lui quello che la prima moglie non è stata: una ragione di vita. La domestica narra al proprio amante, a Roma, della vendetta esercitata su quell'elegante primo marito e dell’amara rivalsa sociale che lei si è presa nei confronti dell'alta borghesia ungherese. Sarà proprio il suo amante, un batterista ora barista, a raccontarci l’epilogo della storia in un locale newyorkese.


Al contrario di quanto il titolo faccia sembrare, “La donna giusta” non è un romanzo sentimentale bensì un racconto corale sull’assenza dei sentimenti, sull'incomunicabilità e la solitudine invalicabile tra le persone che vivono insieme un rapporto di coppia.  Riporto due passaggi particolarmente significativi:


"In ogni vero uomo c'è una certa ritrosia, come se egli volesse precludere una parte del suo essere, della sua anima, alla donna amata, come se le dicesse: «Ti concedo di arrivare fino a qui, mia cara, e non oltre. Ma qui, nella settima stanza, ci voglio restare da solo». Le donne stupide impazziscono di rabbia. Quelle intelligenti si intristiscono, si lasciano prendere dalla curiosità, ma alla fine se ne fanno una ragione."

 

"Un giorno anche noi diventiamo adulti, e scopriamo che la solitudine, quella vera, scelta consapevolmente, non è una punizione, e nemmeno una forma morbosa e risentita di isolamento, né un vezzo da eccentrici, bensì l'unico stato davvero degno di un essere umano. E a quel punto non è più tanto difficile da sopportare. È come poter vivere per sempre in un grande spazio e respirare aria pura."


L’unico personaggio sempre presente, onnisciente ma muto è lo scrittore Lazar, in cui non è difficile riconoscere Marai stesso: a lui sono affidate le riflessioni più generali sulla cultura e sulla bellezza, che pare ancora essere un baluardo al quale aggrapparsi per difendersi dalla cattiveria della Storia e dei destini personali di ognuno.


"Perché la cultura è ormai alla fine. […] Morirà, resteranno qua e là solo singoli ingredienti. È possibile che anche in futuro da qualche parte si venderanno olive ripiene al pomodoro. Ma sarà ormai estinto quel genere di persone che avevano coscienza di una cultura. La gente avrà soltanto delle conoscenze, e non è la stessa cosa. La cultura è esperienza, […]. Un'esperienza continua, costante, come la luce del sole. La conoscenza è solo un accessorio."


Altro tema decisivo del romanzo è la prepotenza e ineluttabilità del destino, propria anche della visione della vita di Milan Kundera.


“C'è una sorta di regia invisibile nella vita: quando la situazione richiede che si porti a compimento qualcosa, anche le circostanze, sì, persino il luogo e gli oggetti diventano complici, e le persone che vivono lì accanto sono inconsapevolmente conniventi [...] Quando vuole creare qualcosa, la vita realizza messinscene impeccabili.”


Per concludere, La donna giusta è un romanzo intenso e che ben si presta a essere analizzato sotto diversi punti di vista (intimista, socio-politico, culturale). Sicuramente ne sentiremo ancora parlare nei decenni a venire.

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