La storia di Elsa Morante
- silvia_tra_le_righe
- 1 lug 2018
- Tempo di lettura: 2 min
Si sa che la fabbrica dei sogni spesso interra le sue fondamenta fra i tritumi della veglia o del passato.

Il titolo a dir poco presuntuoso di questo romanzo storico promette una narrazione che vorrebbe essere universale: le vicende dei personaggi della famiglia Mancuso si snodano tra il 1941 e il 1947 in una Roma terrorizzata dall’irrompere del fascismo e della seconda guerra mondiale, sconvolta da un’ondata travolgente di morte e disperazione. Il racconto si apre con la narrazione di una violenza: la maestra Ida, madre di Ninnuzzu e già vedova, viene stuprata nella sua stessa casa da un soldato tedesco ubriaco in cerca di un qualche rimedio contro la solitudine e la nostalgia. Da questo abuso nascerà Useppe, capelli corvini e occhi color cielo. Nel corso del romanzo la famiglia subirà numerose perdite, partendo dal cane Blitz e dalla loro casa nel quartiere San Lorenzo in un’escalation irrimediabile e devastante. Due prospettive di questo romanzo si intrecciano e si intersecano: quella della Storia – con la S maiuscola – precede i capitoli più propriamente narrativi enumerando cronologicamente i fatti avvenuti del panorama internazionale come potrebbe fare un testo scolastico; la storia con la s minuscola appartiene invece agli umili e ai vinti che inconsapevoli subiscono la propria sorte senza lamentarsene o chiedersene la ragione. La Storia ignora e travolge le vite dei deboli e ne crea delle vittime, per loro non è prevista salvezza. Il piccolo Useppe che soffre di epilessia, “il grande male”, è l’emblema di un dolore individuale che diventa collettivo perché sofferto dall’umanità tutta che grida la propria disperazione e la propria insignificanza.
"Ma il freddo e l'acqua diaccia che procurano i geloni, la canicola che affatica e fa sudare, l'ospedale e la prigione, la guerra e i coprifuochi; gli alleati che pagano bene e il magnaccia giovane che la mena e le piglia tutti i guadagni; e questo bel ragazzo che si sbronza volentieri e parla e si sbraccia e dà calci: e nel letto la massacra, però è bravo, giacché poi le riversa ogni volta fino agli ultimi soldi delle sue tasche; tutti i beni e tutti i mali: la fame che fa cadere i denti, la bruttezza, lo sfruttamento, la ricchezza e la povertà, l'ignoranza e la stupidità… per Santina non sono né giustizia né ingiustizia. Sono semplici necessità infallibili, delle quali non è data ragione. Essa le accetta perché succedono, e le subisce senza nessun sospetto, come una conseguenza naturale dell'esser nati."
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