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Una donna di Sibilla Aleramo

Questo romanzo della Aleramo - un'autobiografia tra le più struggenti del suo tempo e non solo - risale al 1907. Cento anni e più sono passati ma lo si percepisce a tratti solo dal lessico polveroso e dalle lunghe subordinate mentre l'autorevolezza del tema non ha età. Cosa vuol dire essere donne, figlie, spose, amanti, madri, oggi come ieri? Quali compromessi occorre accettare e quali respingere con forza? A quale parte di sé si rinuncia nello sforzo di un amore superiore e perché alla maternità associamo il sacrificio?




Ne scriveva molto bene anche Natalia Ginzburg in un suo saggio, constatando come la coscienza del baratro - ''cadere in un pozzo'' - fosse intimamente connessa con il concetto stesso di femminilità: una sensibilità che diventa un giogo e una schiavitù. In questo piccolo mattoncino emotivo Sibilla ci mostra che é possibile spezzare la catena.


"Entrambi mi rappresentavano l'uomo e la donna d'oggi alla soglia della vita, la loro tristezza e la loro speranza. Mentre l'una deve ancora spezzare vincoli esteriori e interiori per conquistare la propria personalità, l'altro ha bisogno d'esser visto, d'esser guardato negli occhi da lei come da un'anima che sa e vuole.

(...) Nel futuro, nel futuro. La certezza d’un tale avvenimento mi si era andata formando inavvertitamente, forse dall’adolescenza, forse prima, quando l’atmosfera penosa della casa ove due cuori avevano cessato di comprendersi, mi aveva rivolta l’anima alle indagini appassionate. Come le aveva perseguite il mio temperamento logico e assoluto, a traverso ogni ostacolo! A tratti, un senso di ammirazione quasi di estranea mi prendeva per il cammino da me percorso; avevo la rapida intuizione di significare qualcosa di raro nella storia del sentimento umano, d’essere tra i depositari d’una verità manifestatesi qua e là a dolorosi privilegiati…E pensosa, mi chiedevo se sarei riuscita un giorno ad esprimere per la salvezza altrui una parola memorabile".

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